Marina Erotica trasparente

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    L'APERITIVO

    di Anna Salvaje

    Illustrazione di Lisa Marie Järlborn

     

    Il mio dito percorreva lentamente il bordo del bicchiere di Campari. Freddo. Rosso. Brillante.

    Il ragazzo era seduto rigido, le gambe ancorate alla sedia.

    Nervoso, quasi diffidente.

    Lo guardavo fisso. 

    Poi smisi di farlo e presi a seguire con gli occhi il movimento del mio dito sul bordo del bicchiere, con l’unghia rossa che grattava il vetro. Volevo apparirgli annoiata, ma ero attentissima. Percepivo il suo sguardo e la sua emozione. Ogni tanto sollevavo il viso e gli piantavo gli occhi negli occhi. Occhi di donna quarantenne, spudorata, sicura, dentro gli occhi di un ragazzo emozionato. Avevo invitato il giovane militare americano quello stesso pomeriggio, poco prima di lasciare la spiaggia. 

    “Ti aspetto fra un’ora al bar del Riviera Blu. Prendiamo un aperitivo, poi andiamo nella mia stanza e ti lasci annusare tutto. Oppure ci rilassiamo e guardiamo un film col condizionatore a palla” gli avevo sussurrato in inglese mentre gli restituivo il pallone che era finito vicino la mia sdraio. Il ragazzo era arrossito e aveva strabuzzato gli occhi. Forse gli sembrava impossibile che la bella signora italiana molto più grande di lui, fino a quel momento apparentemente assorta nel suo libro, lo avesse notato e gli stesse facendo quella audace proposta. 

    Lo avevo notato eccome!

    Era il più bello del gruppo di ventenni americani che giocavano a palla sul bagnasciuga. E probabilmente anche il più timido. Me ne ero accorta dal modo in cui mi guardava mentre stavo sdraiata a leggere e prendere il sole. A differenza dei suoi commilitoni che, spavaldi, cercavano il mio sguardo e mi sorridevano, lui mi guardava in maniera meno sfrontata e chiassosa: i suoi occhi si attardavano sulle mie gambe abbronzate solo quando il mio viso era occultato dal libro che stavo leggendo e credeva non potessi vederlo.

    Non sapeva che, complici gli occhiali da sole e l’esperienza maturata a sedurre decine di amanti, lo avevo spiato per tutto il pomeriggio senza che se ne accorgesse. Avevo voglia di leggerezza e avevo deciso di giocare col giovane americano, di flirtare con lui e metterlo in imbarazzo.

    Così, un’ora dopo, eravamo seduti al bar del mio hotel, io truccata ed elegantemente vestita, lui con calzoncini e maglietta da spiaggia: il margine di tempo che gli avevo dato era stato troppo breve per tornare a Camp Derby a cambiarsi.

    Che scena, me la vedevo da fuori. Avrei voluto essere da un’altra parte a guardarla, ed eccitarmi. 

    Andrew, si chiamava così, era completamente diverso dagli uomini con cui era accaduto di “distrarmi” nella settimana di vacanza solitaria che ogni anno facevo a Marina di Pisa, senza marito e figli.

    E non solo per l’età. Era diverso perché, evidentemente e senza possibilità di mascherarlo, non aveva alcuna esperienza di quel genere di appuntamenti.

    Percepivo imbarazzo nei suoi poco brillanti tentativi di conversazione, un po’ in americano e un po’ in un italiano stentato, e ne ero divertita. Cominciai a studiarlo nel dettaglio. 

    Era moro, con la carnagione chiara, gli occhi scuri, un magnifico sorriso. E spalle grandi, braccia muscolose, mani ferme. Cambiai posizione. M’inarcai in avanti per guardarlo meglio. Lo feci senza curarmi di essere discreta, in maniera volutamente sfacciata.

    E più lo guardavo più mi piaceva.

    Più lo guardavo più mi piacevo. 

    E io piacevo a lui. 

    Nonostante la lieve diffidenza che gli si affacciava ogni tanto sul viso, nonostante l’incredulità per l’evolversi dell’appuntamento, gli occhi e la voce non riuscivano a nascondere l’emozione.

    Un paio di volte lo sorpresi a fissarmi le gambe.

    Un paio di volte gli sorrisi. Ogni volta lui arrossiva e io, cazzo, mi ritrovai a pensare “Ti voglio”. Anzi, no. “Ti voglio tantissimo”.

    Non lo avevo assolutamente previsto: mi aspettavo di giocare a flirtare con un ragazzino e non avevo messo in conto di quanto sa essere irresistibile il candore, quando ci si mette. Realizzai che ecco, era quello ad attrarmi così tanto: il candore misto all’eccitazione, la timidezza che aveva ceduto alla voglia di osare accettando una proposta tanto insolita. Perché forse lui si aspettava di farsi solo annusare, oppure di vedere un film, magari di restare con le palle gonfie, e altro non sperava...

    Presi a raccontare dei miei incontri estivi con gli uomini, senza risparmiare i dettagli scabrosi, sorseggiando il Campari, accompagnando le storie con uno sguardo sfrontato. Regolarmente, Andrew arrossiva e abbassava gli occhi. Era tenero. Io ridevo e lo incalzavo di domande, in modo frivolo e disinvolto, buttandoci dentro qualche parola forte.

    “Hai scopato tante italiane?”.

    “Ti piacciono le donne più grandi?”.

    “Hai mai scopato con due donne insieme?”. 

    Lo costringevo a guardarmi se abbassava gli occhi. 

    Quando ero certa di avere nuovamente catturato il suo sguardo mi zittivo, rimanevo seria, facevo assumere alla mia bocca un’espressione imbronciata e passavo distrattamente la punta della lingua sul labbro inferiore. Lui tornava ad abbassare gli occhi e aveva un fremito nel respiro, come se l’emozione che fino a quel momento aveva in gola d’improvviso si spostasse giù a gonfiargli il cazzo. 

    Mi piaceva da morire pensare che si sentisse così, emozionato dalla gola al cazzo. Erano stati i movimenti della lingua? I racconti e le domande? Il mio seno e le mie gambe? O era solo la sua poca esperienza con le donne? Era delizioso gustarmi il suo imbarazzo, e assaporai la mia decisione inattesa: di lì a poco gli avrei strappato ogni cellula di diffidenza e di vergogna con la lingua.

    DA DOMENICA 11 LUGLIO
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